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Salandra, Antònio.

Uomo politico e giurista italiano. Laureatosi in Legge nel 1872, iniziò subito dopo a scrivere sul “Giornale napoletano di filosofia e lettere, scienze morali e politiche”, occupandosi di problemi economici. Nel 1877 ottenne la libera docenza in Economia politica e, nel 1879, fu nominato da De Sanctis, allora ministro della Pubblica istruzione, docente di Legislazione economico-finanziaria all'università di Roma. Nel 1880 divenne professore straordinario di Scienze dell'amministrazione, carica che ricoprì fino al 1902, quando venne nominato professore di Diritto amministrativo. In seguito fu ordinario di Diritto costituzionale all'università di Napoli. Fu autore di numerosi scritti, tra i quali si ricordano: Dei metodi e criteri per calcolare la ricchezza nazionale in Italia (1880), Il divorzio in Italia (1882), La questione politica dell'agricoltura (1885), Sui demani comunali nelle province del Mezzogiorno (1887) e La questione amministrativa nei governi liberi (1904). Parallelamente alla docenza si dedicò alla politica, facendosi eleggere deputato per il collegio di Foggia nel 1886. Riconfermato più volte in diversi collegi (Lucera, Foggia provincia, Bari), si batté per l'istituzione di un Governo forte e autorevole, garante di ordine e progresso, e partecipò a una serie di campagne contro l'istituzione del divorzio in Italia (1902), contro la proposta per il divieto dell'insegnamento religioso nelle scuole (1908), contro il monopolio di Stato sulle assicurazioni sulla vita (1911). A partire dal 1892 assunse cariche ufficiali di Governo: in quell'anno fu sottosegretario alle Finanze nel primo Gabinetto Di Rudinì e in quello Crispi; fu quindi ministro dell'Agricoltura industria e commercio con Pelloux (1899-1900), ministro delle Finanze (1906) e del Tesoro (1909-10) con Sonnino. Si batté contro la politica di Giolitti, considerata troppo progressista, ma ne accettò alcuni punti (primo tra tutti il suffragio universale) e nel 1914, su indicazione di Giolitti stesso, gli successe a capo del Governo. Durante il suo mandato assistette allo scoppio della prima guerra mondiale. Dopo un iniziale atteggiamento di neutralità decise di appoggiare l'intervento italiano contro l'Austria. Sonnino, divenuto nel frattempo ministro degli Esteri, tentò una mediazione con l'Austria, ma il tentativo si rivelò inefficace tanto da condurre l'Italia a una serie di negoziati segreti con l'Intesa che sfociarono nel Patto di Londra (26 aprile 1915). Dopo un momento di crisi provocato dalle violente proteste dei non interventisti, l'Italia dichiarò guerra all'Austria il 23 maggio 1915. Il primo anno di guerra risultò deleterio per l'Italia che trovò in S., e nel suo Governo, i maggiori responsabili. Costretto alle dimissioni, S. ritornò a una carica pubblica solo nel 1919 quale delegato alla Conferenza di Parigi. Con l'ascesa di Mussolini al potere, appoggiò il nuovo regime, accettando la carica di delegato italiano alla Società delle Nazioni. Nel 1925, dopo il discorso di Mussolini del 3 gennaio, espresse il proprio dissenso, allontanandosi di fatto, nonostante la nomina a senatore (1928), dalla vita politica attiva. Stilò una serie di memorie dedicate alla sua attività politica e di Governo: La neutralità italiana (1914). Ricordi e pensieri (1928); L'intervento (1915). Ricordi e pensieri (1930); Memorie politiche (1915-1925) (postumo, 1951) (Troia, Foggia 1853 - Roma 1931).